Off-Topic.

Patate, patate, patate, son solo patate...

Potatoes, canola oil, hydrogenated soybean oil, safflower oil, natural flavour (vegetable source), dextrose, sodium acid pyrophosphate (maintain colour), citric acid (preservative), dimethylpolysiloxane (antifoaming agent) and cooked in vegetable oil (Canola oil, corn oil, soybean oil, hydrogenated soybean oil with THBQ, citric acid and dimethylpolysiloxane) and salt (silicoaluminate, dextrose, potassium iodide)...


Oppure sarebbe meglio dire, in nostrano idioma:

patate, olio di colza, olio di soia idrogenato, olio di cartamo, aroma naturale (di origine vegetale), destrosio, sodio pirofosfato acido (mantiene il colore), acido citrico (conservante), dimetilpolisilossano (agente antischiuma) e cotto in olio vegetale (olio di colza, olio di mais, olio di soia, olio di soia idrogenato con THBQ, acido citrico e dimetilpolisilossano) e sale (silicoalluminato, destrosio, ioduro di potassio)...


Questi i 17 (?) ingredienti, dichiarati dalla Mc Donald, con cui sono prepara le popolarissime patate fritte.

Avete fatto 30, potevate fare 31...

Ma dico, anche in tracce od ultratracce, aggiunto prima o dopo la frittura (figuratevi durante...), un poco d'olio extravergine (o vergine) d'oliva?

Sarebbe stato troppo bello! Persino ad alcuni sarebbe sembrato un ostentare "salute" da parte dell'azienda americana, quasi far l'occhiolino ai salutisti, oppure un velato modo per far contenti noi "semplici" consumatori che usiamo friggere (orrore) con olio di oliva e, quel che è peggio, extravergine.

Grazie alla azienda multinazionale per averci chiarito, in parte, le idee. Se avessi ancora cercato un motivo per non andarci...


L'extravergine di oliva per i biscotti da te.

Sfatiamo il mito che, per fare un'ottima pasticceria, il burro (o la margarina o altri generici "grassi vegetali") sia l'ingrediente da preferire.

Vi propongo una ricetta semplice all'extravergine: i biscotti.

Ecco la ricetta dei biscotti all’olio extravergine d’oliva, ottimi per fare colazione: in una ciotola sbattere le uova con lo zucchero e poi, gradualmente, aggiungere l’extravergine, la vanillina e il limone. In un’altra ciotola versare la farina, un pizzico di sale e il lievito, mescolare e unire il tutto alla ciotola con le uova. Impastare per bene e, appena il composto sarà omogeneo, avvolgerlo in una pellicola, come suggerito dalla ricetta, e riporlo in frigorifero per circa 30 minuti.

Trascorso questo tempo, prendere l’impasto e stenderlo su un piano facendogli raggiungere lo spessore di mezzo centimetro: a quel punto con l’aiuto di un bicchiere fare dei cerchi di pasta che poi andranno messi su una teglia rivestita da carta da forno. Lasciar cuocere per circa un quarto d’ora a 180 gradi dopodiché i biscotti all’olio d’oliva saranno pronti per essere gustati nel latte a colazione o nel tè a merenda.


Ingredienti (per 4 persone):

2 uova

1 tuorlo

100 gr di zucchero

Vanillina

50 ml di olio extravergine di oliva

1 scorza grattugiata di un limone

Lievito per dolci

300 gr di farina 00


E per le altre ricette? Come sostituire l'olio da olive al burro? Una tabella ci salverà?

Nel corso del mio girovagare quotidiano su internet, improntato alla ricerca di news sull'olio di oliva, ho avuto modo di venire a conoscenza di una interessante tabella di conversione.

Non si tratta della solita complicata tabella dedicata alle calorie dei vari prodotti agroalimentari bensì di una semplice tabella, da utilizzare in cucina quando vogliamo sostituire il burro con l'olio di oliva in una ricetta. In effetti, la tabella, aiuta in questa sostituzione ed indica, a parità di risultato "gastronomico", le quantità di burro (o margarina) di una ricetta da sostituire col corrispondente quantitativo in olio di oliva. Un modo in più per "difenderci" da tutte le sostanze grasse diverse dal nostro, amato extravergine di oliva.

Il sito eatdrinkandbeolive.com enfatizza molto questa fase di trasformazione, chiamandola "L'alternativa più sana".

"Perché si deve cambiare abitudini e passare all'utilizzo di un buon olio extravergine, riporta il sito web australiano, soprattutto perché i grassi vegetali buoni (quelli dell'olio extravergine di oliva, per intenderci) dovrebbero far parte della nostra dieta quotidiana, al pari delle dosi giornaliere raccomandate di proteine, frutta e verdura. La ricerca indica che l'utilizzo di 2 cucchiai di olio d'oliva al giorno è ottimale per una buona salute. Infatti, coloro che consumano regolarmente l'olio d'oliva hanno un minor rischio (< 42%) di incorrere, ad esempio, in un ictus cerebrale. Rinomato per la salute del cuore, l'olio d'oliva è necessario anche per la salute del cervello. Ricordano sul sito web, che lo strato protettivo che ricopre le fibre nervose (guaina mielinica) è costituito principalmente da acido oleico, lo stesso disponibile in grandi quantità (70/80%) nell'olio di oliva."

Ecco la tabella di conversione:


Sapone di Marsiglia? Più buono con l'olio extravergine di oliva.

Sono sempre di più i consumatori che ricorrono, per la loro igiene personale o per il bucato di casa, ai saponi cosiddetti 'naturali', riscoprendo, piacevolmente, i profumi di un sapone antico: il sapone di Marsiglia.

La storia.

Risalgono al 1300 i primi tentativi, poi perfezionati, di produzione di un sapone tutto vegetale, da utilizzare largamente per la pulizia personale e della casa, il cosiddetto 'Sapone di Marsiglia'.

Due i segreti del successo: la disponibili di olio d'oliva nella zona di Marsiglia e la larga diffusione della Salicornia (Arthrochnemum spp), pianta dalle cui ceneri veniva ricavata la soda.

Si trattava allora di un sapone di colore verde che si vendeva soprattutto in barre di 5 kg o in pani da 20 kg.

Una prima regolamentazione sul procedimento di produzione del sapone risale al 1688, con l'editto di Colbert, Ministro di Luigi XIV. L'editto recitava, all'articolo 3: non si potrà utilizzare nella fabbricazione di sapone, con barilla, soda o cenere, nessun grasso, burro né altro materiale; ma soltanto puro olio di oliva, e senza mescolanza di grasso, a pena di confisca delle merci.

Oggi il sapone di Marsiglia viene ancora prodotto, in modo del tutto artigianale, nelle campagne del sud dell'Italia. Ed è questa, spesso, la formulazione più usata per rimuovere le macchie più ostinate dalla biancheria o per l'igiene personale.

Il metodo.

Non tutto il sapone di Marsiglia, oggi in commercio, è ancora prodotto col metodo originale, che bandiva dalla ricetta i grassi animali e gli oli diversi da quello di olive.

Per essere sicuri di utilizzare il vero sapone di Marsiglia ed essere certi della qualità delle materie prime impiegate, risulta sicuramente conveniente provare a 'far da soli'

Tra tutti i metodi di produzione, forse il più semplice è quello cosiddetto 'a freddo', realizzabile facilmente in piccola scala, anche a casa.

Questo metodo sfrutta il calore naturale prodotto dalla reazione tra la soda caustica e l'olio di oliva per portare a termine la saponificazione. Questo calore va dunque controllato e soprattutto mantenuto il più lungo possibile perchè possa svolgere il suo compito.

Per ottenere un buon sapone a freddo è necessario:

Pesare con assoluta precisione gli ingredienti;

Miscelare l'olio di oliva e soluzione caustica alla temperatura ottimale;

Isolare gli stampi nelle prime 24 ore per far si che il calore della reazione chimica non si  disperda.

Ingredienti fondamentali:

- 1 chilogrammo di olio vergine di oliva;

- 128 grammi di soda caustica (NaOH);

- 300 grammi di acqua. 

Materiale occorrente:

- bilancia elettronica (per pesare con precisione anche i grammi)

- termometro da cucina (fino a +110°)

- pentola in acciaio inox;  caraffa in vetro o ceramica resistenti alle alte temperature

- cucchiaio di acciaio legno

- coperte vecchie

- stampi per sapone o contenitori in tetrapack (tagliate la parte superiore)

- mascherina; occhialini; guanti di gomma resistenti; foulard per i capelli; grembiule

Fase 1: preparare l'area di lavoro

Il posto ideale per fare il sapone è la cucina perché c'è a portata di mano tutto quello che serve. Sgombrate il piano di lavoro, copritelo con vecchi giornali o con strofinacci. Indossate i guanti e tenete a portata di mano la mascherina e gli occhialini.

Fase 2: preparare la soluzione caustica

Indossate guanti, mascherina e occhialini; in una tazza larga pesate con assoluta precisione la soda caustica. Avvertenze: non toccate mai la soda con le mani perché è corrosiva e attenzione a non inalare i gas che si producono durante la reazione chimica. Nella caraffa di pirex pesate l'acqua. Mettete la caraffa sul fondo del lavello. Versate poco a poco la soda nell'acqua, mescolando in modo che si sciolga bene. Attenzione perché la temperatura della soluzione caustica salirà rapidamente sino ad 70/80 gradi. Riponete il contenitore coperto in un luogo sicuro

Fase 3: preparare l'olio di oliva

Pesate l'olio e mettetelo in una pentola di acciaio sulla bilancia; successivamente mettete la pentola sul fornello, a fuoco bassissimo, mescolando di tanto in tanto. L'olio non deve scaldarsi troppo (occorre poco tempo per portare l'olio a 45°) 

Fase 4: versare la soluzione caustica nell'olio scaldato (mai viceversa!!!!!)

Indossate guanti, mascherina e occhialini, con il termometro controllate la temperatura dell'olio e della soluzione caustica. Quando entrambe sono a 45 gradi, versate dolcemente la soluzione caustica nell'olio, mescolando bene ed a lungo col cucchiaio di legno.

Fase 5: il nastro

Questo è un punto cruciale per tutti i saponai! Mentre mescolate, il sapone cambierà colore e consistenza, diventando sempre più cremoso. Ad un tratto, togliendo il cucchiaio e facendo colare un po' di miscela nella pentola, vedrete che resterà in superficie per qualche secondo prima di affondare. Questa "traccia" è il nastro. 

Fase 6: il gel

Dopo aver aggiunto velocemente gli ingredienti facoltativi, versate il sapone fresco nello stampo (eventualmente foderato con carta forno). Isolate bene con coperte perchè stia caldo.

Fase 7: stagionatura

Lasciate il sapone coperto nello stampo per 48 ore. Dopo sformatelo e lasciatelo maturare all'aria in un ambiente asciutto e fresco. La saponificazione si completa nel giro di un paio di settimane ma la stagionatura ottimale di un sapone di olio di oliva è di 6-8 settimane.

A questo punto non resta che utilizzare il 'nostro' sapone di Marsiglia.

A proposito, fatemi sapere!


Coriandolo, Coriander, Cilantro, Coriandre... Tanti modi di dire "disgusto".

Dal 2010, anno di avvio del concorso oleario internazionale TerraOlivo, frequento con assiduità il paese d'Israele.

Di questa regione amo tante cose, tra cui ovviamente la cucina. Ma questo "amore", non sempre è corrisposto, o meglio, lo stesso impeto che metto nell'esaltarne alcuni cibi (insalate, hummus, falafel, shawarma, mejadra), diventa odio vero e proprio quando a questi viene aggiunta una particolare erba aromatica: il coriandolo. 

Ebbene si, "I hate cilantro", cioè "Io odio il coriandolo", inteso come spezia, come recita un sito web dedicato.

Già citato nel Vecchio Testamento, il coriandolo (Coriandrum sativum L.), veniva impiegato soprattutto per le virtù aromatiche che le sue foglie conferivano alle diverse pietanze, ma anche in medicina è stato sempre considerato un buon rimedio naturale contro le coliche addominali, difficoltà digestive e gonfiore.

Ma per arrivare a riconoscere da cosa derivasse questo odio, documentato abbondantemente in letteratura e condiviso da una larga parte della popolazione mondiale, ho avuto bisogno di tanto, troppo, tempo. 

Occupandomi di analisi sensoriale, ho provato ad "isolare" il problema.

Inizialmente credevo tutto dipendesse dalla clorazione eccessiva dell'acqua di lavaggio o da residui di sapone e sentori metallici nelle stoviglie, poi rilevavo muffe nelle insalate o nel cous cous, fino ad arrivare ad attribuire agli insetti (cimice) e quindi all'inquinamento del prodotto la sgradevolezza gustativa delle pietanze. 

Di contro, gli amici, ne decantavano l'aroma pungente, l'amaro ed il fragrante sapore speziato ed agrumato che sapeva aggiungere ai cibi.

Individuata la pianta, simile al prezzemolo per la forma delle foglioline, con cui ne condivide la famiglia botanica, si passa alla fase due: la ricerca bibliografica.

Scopro così che sulla rivista Flavours, e su diversi articolo italiani che rilanciano la notizia, di essere in buona compagnia e che la sensazione di disgusto verso il coriandolo fresco varia a seconda dei diversi gruppi etnici. In effetti, ben il 17% degli Europei non lo sopporta, o meglio non sopportano quel sapore forte e pungente di "cimice" che anche l'etimo tradisce.

Infatti, Coriandrum è una parola latina che ha le sue radici nella parola greca corys o korios (cimice) seguita dal suffisso -ander (somigliante), in riferimento alla supposta somiglianza dell'odore emanato dalla pianta spremendo o sfregando le foglie.

Continuo la ricerca spostando l'attenzione verso la chimica e individuo, in letteratura, quali siano le molecole che caratterizzano il coriandolo fresco. Sono molecole che appartengono alla famiglia delle aldeidi insature come l’E-(2)-decenale, lo Z-(2)-decenale e l’E-(2)-dodecenale. In particolare l’E-(2)-decenale ha un odore particolarmente disgustoso, che viene emesso come sostanza repellente da alcuni insetti, da qui l'etimo.

Apprendo, inoltre, che questo "odio", che condivido col 17% della popolazione, ha anche possibili origini genetiche. Sia il gene OR6A2, sia alcuni recettori dell’olfatto e del gusto codificati dai geni TRPA1, GNAT3 e TAS2R50, sono responsabili della diversa sensibilità al coriandolo. 

Cosa fare adesso?

Scoperta questa "naturale" avversione non resta che di armarsi di buona volontà e di un aggiornato traduttore multilingue in modo da poter chiedere, prima di ogni pasto: senza coriandolo, please!

(c) Tutti i diritti riservati.


Bibliografia:

Dario Bressanini. Il Coriandolo che divide. www.lescienze.it

Lara Rossi. Coriandolo: genetica di un sapore insopportabile. www.zanichelli.it

ihatecilantro.com

www.flavourjournal.com

www.alimentipedia.it

it.wikipedia.org

arxiv.org


Come si estrae l'olio dai semi?

Pubblichiamo un nuovo contributo  che spiega, in modo semplice e divulgativo, come si estrae l’olio dai semi.

 

Come si estrae l’olio dai semi esattamente? Da qualsiasi seme?

di Silvia Lazzari (Bläuel Greek Organic Products)

 

La maggior parte di noi sa che è un procedimento che produce sostanze sospette e poco sane, ma dopo la lettura di alcuni materiali specializzati, probabilmente non toccherete mai più olio di semi! Tra l’altro, avendo olio d'oliva ovunque a portata di mano, chi ha bisogno dell’olio di semi? 

La maggior parte degli oli di semi sul mercato sono ottenuti attraverso processi chimici e/o ad alta temperatura. I semi non contengono acqua. L'estrazione dell’olio è possibile solo attraverso solventi o applicando una pressione molto alta, che produce alte temperature. Questo causa un "danno da calore”, ovvero la creazione di composti indesiderati che alterano l'olio. Per avere un olio commestibile, questi composti indesiderati prodotti dal trattamento termico ed altre impurità presenti nel seme devono essere rimossi. L'olio viene quindi ulteriormente trattato, decolorato, deodorato attraverso vari trattamenti chimici e fisici per raffinarlo.

Tutti i dettagli in questo articolo li ho estratti dal libro "Fats that Heal, Fats that Kill" (Grassi che Curano, Grassi che Uccidono), di Udo Erasmus, un’esposizione molto completa e tecnica dei vari procedimenti di estrazione delll'olio di semi e le conseguenze in termini di perdita di valore nutrizionale e formazione di sostanze tossiche.

"Un sacco di cose strane capitano ai semi super-nutrienti fatti dalla natura sulla loro strada per ottenerne l’olio insapore che compriamo in un negozio. Le modifiche apportate dalla lavorazione hanno un impatto sulla nostra salute. L’elaborazione trasforma semi fragranti e saporiti in oli inodori, insapori e incolori che non si distinguono l'uno dall'altro. Gli unici oli che non subiscono questo genere di trattamenti sono gli oli di oliva vergini."

Pulitura e cottura 

Dopo essere stati puliti meccanicamente, i semi destinati alla spremitura meccanica vengono cotti fino a due ore. Essi possono essere ridotti in poltiglia prima della cottura per rendere questo processo più facile. Una temperatura media di cottura è 120°C. La cottura rende l’estrazione dell’olio piú semplice distruggendo le cellule che contengono l'olio di semi, ma provoca anche crepe o rotture nei semi ed espone i loro oli all’aria, iniziando un processo di deterioramento (irrancidimento).

Estrazione per Pressione Meccanica (Expeller) 

I semi cotti sono pressati meccanicamente in un expeller....

La pressione generata nella testa di una pressa expeller raggiunge diverse tonnellate per centimetro quadrato.

Il calore e la pressione espellono l’olio dai semi. Nelle presse giganti, il processo dura pochi minuti, di solito a temperature intorno a 85° a 95° C. A queste temperature, gli oli reagiscono con l'ossigeno 100 volte più velocemente rispetto che alla temperatura ambiente. Un forte deterioramento (irrancidimento) può aver luogo negli oli durante la pressatura.

L’olio estratto in questo modo può essere filtrato, quindi imbottigliato e venduto nei negozi di alimentazione naturale e gastronomie, come naturale e non raffinato. Nella maggior parte degli impianti di estrazione però l’olio non é protetto da luce ed aria e la temperatura di pressatura è abbastanza alta da danneggiare gli acidi grassi essenziali [i grassi “buoni”] dell’olio.

Estrazione con solventi 

Più efficiente, ma meno sano, questo metodo estrae l'olio dai semi utilizzando solventi come esano o eptano (benzina) a 55 a 65°C, mescolati all’impasto di semi finemente triturati. Questi solventi chimici possono essere utilizzati anche per aumentare la resa in olio.

Una volta che la miscela olio-solvente è stata separata dal seme, il solvente viene fatto evaporare ad una

temperatura di circa 150°C.

Tracce di solvente possono rimanere negli oli estratti in questo modo.

Gli oli grezzi risultanti dai processi di estrazione a pressione o tramite solventi passano attraverso ulteriori stadi di elaborazione - degommatura, raffinazione, decolorazione, deodorizzazione - per arrivare allo status di oli raffinati.

Degommatura 

La degommatura rimuove I fosfolipidi, tra cui la lecitina, alcune gomme naturali, composti di tipo proteico, e carboidrati complessi. La lecitina viene isolata e venduta separatamente come un supplemento (che quindin paghiamo due volte). La degommatura rimuove anche clorofilla, calcio, magnesio, ferro e rame dagli oli raffinati. La degommatura è effettuata a circa 60°C con acqua e acido fosforico.

Raffinazione 

Durante il processo di raffinazione, gli oli sono mescolati con una base estremamente corrosiva, idrossido di sodio (NaOH), soda caustica o con una miscela di NaOH e di carbonato di sodio. La miscela viene agitata, poi separata.

La raffinazione elimina gli acidi grassi liberi, ma anche fosfolipidi, sostanze proteiche, e minerali vengono rimossi durante la raffinazione. La temperatura di raffinazione è di circa 75°C.

Decolorazione 

Gli oli vengono trattati con filtri, 'terra di Fuller', e/o argilla allo scopo di rimuovere i pigmenti - Clorofilla e beta-carotene.

Nel processo, altre sostanze naturali e policiclici aromatici vengono rimossi. La decolorazione avviene a 110°C, per 15-30 minuti. Durante la decolorazione si formano, perossidi tossici e acidi grassi coniugati.

Deodorizzazione 

La deodorizzazione è distillazione a vapore sotto pressione e sotto vuoto. Rimuove gli oli aromatici, gli acidi grassi liberi, e le molecole che conferiscono odori pungenti e sapori sgradevoli che non erano presenti nell'olio naturale prima della trasformazione.

La deodorizzazione avviene ad una temperatura elevata e distruttiva - 240 o 270°C - da 30 a 60 minuti. Una volta che l’olio viene riscaldato a temperature superiori a 150°C, gli acidi grassi insaturi diventano mutageni, il che significa che possono danneggiare i nostri geni. Sopra i 160°C, iniziano a formarsi gli acidi grassi trans-saturi.

Sopra i 200°C, si formano acidi grassi trans-saturi in quantità considerevoli. A più di 220°C, il tasso di produzione di acidi grassi trans-saturi aumenta in modo esponenziale.

La deodorizzazione rimuove alcuni dei perossidi prodotti durante la raffinazione e la decolorazione. I Tocoferoli (Vitamina E), i fitosteroli e alcuni residui di pesticidi e tossine vengono eliminati. L'olio ora è (finalmente!) insapore, e non può essere distinto da oli ricavati da altri semi che sono stati trattati in modo simile.

Alle alte temperature necessarie per la deodorizzazione, si formano molti isomeri innaturali degli acidi grassi insaturi.

Queste molecole modificate non sono presenti negli oli che si trovano in natura. Il nostro corpo non è ben attrezzato per gestirli.

Oli derivanti da tali processi sono carenti di vitamine e minerali.

Al supermercato 

Per prolungarne la durata, agli oli raffinati venduti nei supermercati possono essere aggiunti antiossidanti sintetici.

Questi sostituiscono gli antiossidanti naturali beta-carotene, e vitamina E che sono stati eliminati dalle varie fasi della raffinazione. Dell’antischiuma è anche aggiunto, e l'olio viene imbottigliato e venduto.

Si può passare attraverso un altro passo chiamato “winterizzazione”, nel quale l’olio viene raffreddato e filtrato ancora una volta per impedire che si intorbidisca quando viene raffreddato in frigo.


Chewing-gum all'olio d'oliva.

Tra i mille (e più) usi dell'olio da olive sorprende, di tanto in tanto, scoprire le nuove frontiere "a base" di prezioso oro verde e suoi sottoprodotti.

Dopo i jeans "impreziositi" con l'olio da olive [1], la maglietta polo "all'olio d'oliva" [2], l'olio extravergine usato come base di creme ed unguenti per il benessere e trattamento del corpo, o il nocciolino di sansa per riscaldarsi e per costruire tavoli e sedie (link), ecco la "Gomma da masticare" con olio d'oliva, dove i benefici dell'olio di oliva questa volta sono sotto forma di gomma da masticare.

Si tratta dell'azienda spagnola (sempre loro, accidenti!) Air-Lift che produce, a partire dall'olio di oliva, tutta una serie di prodotti per combattere l'alito cattivo e prevenire la carie, tra cui le tanto pubblicizzate chewing-gum. Spulciando sul sito, si apprende che la composizione, di questa gomma da masticare, prevede quale ingrediente la presenza di 0,5 grammi di olio d'oliva ogni 10 grammi di xilitolo. A questo punto, perché non provare? 


[1] Jeans all'Olio di Oliva, da Wrangler una nuova linea benessere.

Non è una novità: di jeans idratanti se ne è già parlato negli anni scorsi ma, adesso, a fare sul serio è la Wrangler, azienda di punta del settore.

La formula, tutta originale, prevede che già dall'estate del 2013 si trovi in commercio una nuova linea di jeans dal potere idratante, snellente e rilassante dai nomi "Aloe Vera", "Estratto di oliva" e "Smooth Legs".

I jeans della nuova collezione, chiamata "Dream Spa" e già ribattezzata "anti-cellulite", contengono estratti di caffeina e alghe, estratti di aloe vera e, infine, olio di oliva concentrato, dal potere idratante, utile per rafforzare le gambe.

Per la campagna pubblicitaria la Wrangler ha scelto Lizzie Jagger, figlia della celebre rockstar Mick, che ha spiegato di essere rimasta sorpresa dall’effetto del jeans sulla pelle, già durante il servizio fotografico.

Gli effetti idratanti durano solo due settimane - spiegano dall'azienda - ma il marchio ha in programma di  vendere uno "spray" per prolungare l'effetto "bellezza" dei propri jeans fino a 95 lavaggi.


[2] Quando la polo è all’olio di oliva.

Dalla primavera/estate 2013, grandi nelle magliette polo. 

Colori accesi, forti ed impattanti, ma non solo.

Tra le sperimentazioni c’è quella di Armata di Mare che ha voluto “dare un sapore” genuino ai suoi capi.

Un trattamento unico ed esclusivo pensato per la cura della pelle dell’uomo che a contatto con il capo attira per osmosi tutte le benefiche proprietà dell’olio di oliva. Il capo viene tinto e bagnato in una soluzione all’olio di oliva e l’effetto è quello di una impalpabile gommatura, leggera e benefica. Un vero e proprio wear-care.

L’effetto finale? Vi sembrerà di immergervi in un fresco e profumato uliveto!